In questi giorni ho terminato di leggere “Yoga”, ultimo libro di Emmanuel Carrère, (lettura che consiglio); questo libro parla pochissimo dello Yoga in quanto disciplina, non è un testo propedeutico, è piuttosto un racconto di vita, una vita vissuta e affrontata da un praticante di Yoga.

Questa premessa è necessaria perché a differenza di altre discipline lo Yoga non è solo un’attività fisica, non finisce quando termina la classe e riavvolgiamo il nostro materassino; è piuttosto un modus vivendi, è qualcosa che coltiviamo anche al di fuori del corso bisettimanale.

Letteralmente Yoga significa “unione” ed è esattamente ciò a cui chiunque lo pratichi dovrebbe puntare: l’unione e l’armonia di tutte le nostre realtà, fisica, mentale, emotiva, psicologica. Quella che in Oriente chiamano unione ed equilibrio tra Yin e Yang.
Io non sono certa di riuscire nella missione che lo Yoga ci propone, ma so per certo ciò che succede a me quando lo pratico.

Mi riconnetto con il respiro, faccio conoscenza con parti del mio corpo che non sapevo esistessero, rallento, metto in pausa il caos del mondo esterno per circa due ore e quando poi mi ci immergo nuovamente, il mondo mi sembra un posto migliore, più bello, più interessante. E anche se in realtà so che lui è sempre lo stesso, so che non è il mondo a essere cambiato, ma il mio sguardo e il mio approccio ad esso.

Pratico Yoga da quasi vent’anni, anche se in modo poco costante, ma posso dire che questo piccolo miracolo accade ogni volta.
Superata l’iniziale pigrizia, il post pratica è sempre molto appagante, quasi una piccola rinascita; lo Yoga ci porta a sentirci parte di qualcosa, a respirare in maniera consapevole, a rallentare per qualche ora il fiume di pensieri che scorre nella nostra testa e che spesso crea ansie e rumore non necessari.

Mi sento di salutarvi con un consiglio: praticate gente, praticate. Ne coglierete tutti i benefici.